CONCLUSIONE
La conclusione è data dallo stesso evangelista nell'ultima parte del capitolo 12:
Seguono le parole di Gesù:
C'è perfetta identità tra Gesù e il Padre. La parola di Gesù è talmente luminosa e chiarificatrice, essendo rivelazione del Padre, che se uno non crede a queste parole vuol dire che è così lontano dalla comunione con Dio che non c'è bisogno di un atto di condanna: è la stessa logica delle cose, la stessa parola di salvezza che Gesù pronuncia che, non venendo accettata, mostra che colui che la rifiuta è lontano ed estraneo da Dio. Non è tanto predestinazione alla condanna, ma è un avvertimento ai lettori del Vangelo: se non si è attratti dalla parola di Gesù non si deve dare la colpa a Gesù, perchè la sua parola è Luce; bisogna piuttosto interrogarsi perchè si continua ad essere nelle tenebre nonostante sia venuta la Luce. Chi non sente di accogliere Gesù non è in pace con Dio. E per accogliere Gesù occorre vedere la Gloria nella carne, occorre scorgere la Gloria di Dio nella storia della Passione.
è questa la forte attestazione della comunità giovannea alle contestazioni che venivano dalla gente di allora. Essa racconta loro storie d'incredulità, di segni e di prodigi per convincerla che in questa povertà e umiltà è possibile vedere la Gloria. Ma se non la si vuol vedere, se non si accetta la presenza della Gloria in Cristo, se non si accetta Gesù, non si accusi nessuno perchè vuol dire che si completamente estranei a Dio e si vuol essere nelle tenebre. E questo, più che come affermazione dogmatica, viene detto come provocazione alla conversione; allora il Determinismo giovanneo, secondo cui alcuni sono votati alla condanna, deve leggersi come provocazione alla conversione: solo se riconosceremo di essere ciechi verremo illuminati.