CAPITOLO 7: LA FESTA DELLE CAPANNE
Riguardo ai contenuti teologici del capitolo sette sembra che questo capitolo voglia raggruppare i diversi giudizi pronunciati su Gesù dalla popolazione della Palestina; una specie di raccolta della reazione della gente di fronte al ministero di Gesù.
In questo capitolo bisogna innanzitutto segnalare la presenza del passo che va dal versetto 14 al 24, in cui c'è un riferimento ad una guarigione che Gesù avrebbe compiuto il giorno di sabato :
Dovrebbe essere il riferimento all'episodio della guarigione del paralitico alla piscina di Betesda. Per questa ragione alcuni studiosi pensavano che fosse più utile porre il capitolo sei prima del capitolo cinque, in modo da raggruppare gli episodi in Galilea e quelli avvenuti a Gerusalemme. Ma la parte iniziale del capitolo sette dice invece che Gesù è in Galilea, e questo impedisce lo spostamento dei capitoli:
Alla fine della sezione però si dice che Gesù di nascosto è andato a Gerusalemme per la festa. Nessuno studioso è ancora riuscito a mettere ordine nella successione di fatti del capitolo sette. Bisognerebbe supporre che Gesù è stato una prima volta a Gerusalemme, quando di sabato guarisce il paralitico; poi è tornato in Galilea, dove avviene la moltiplicazione dei pani e il discorso di Cafarnao; quindi va a Gerusalemme una seconda volta, di nascosto, in occasione della festa delle Capanne e nel corso di questa festa si fa riferimento all'episodio che aveva compiuto a Gerusalemme mesi prima. Questa è la sequenza dei fatti come appare dal testo del Vangelo. Il fatto che si faccia riferimento ad un gesto compiuto da Gesù mesi prima, deve far supporre che le accuse dei Giudei di Gerusalemme si siano trascinate per mesi, e che quando Gesù è tornato a Gerusalemme, gli è stato di nuovo rinfacciato la guarigione fatta di sabato.
Si è parlato di queste incongruenze geografiche negli spostamenti di Gesù, per parlare di due problemi: la storicità del contenuto del Vangelo di Giovanni e soprattutto la storicità degli itinerari di Gesù. Il tentativo, che alcuni studiosi fanno, di ricostruire gli spostamenti di Gesù basandosi sugli episodi contenuti nel Vangelo di Giovanni, è priva di fondamento. Il Vangelo di Giovanni non è utile per ricostruire storicamente gli spostamenti di Gesù. Questo significa che bisogna rinunciare anche alla tradizionale concezione del ministero triennale di Gesù, perchè esso risulta soltanto dal Vangelo di Giovanni. La durata di tre anni è basata sugli spostamenti e le feste a cui Gesù ha partecipato, riportate nel Vangelo di Giovanni. Sulla base dei sinottici basta un anno per concludere tutto il ministero del Signore, perchè è nominata una sola Pasqua. Leggiamo il capitolo:
"Fratelli" in greco è detto adelfòs (adelfos) che letteralmente significa "fratello", "cugino", ma c'è chi intende "discepoli", anche se Giovanni usa mazetès (maqetes) per dire "discepolo".
Il lettore normale rimane sconcertato dall'affermazione del versetto cinque: "Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui", perchè si dice che non credevano ? Addirittura gli hanno detto di farsi conoscere, di rivelarsi in pubblico ? Ma San Giovanni qui vuol parlare di ciò che San Marco chiama "segreto Messianico". I parenti dicono a Gesù che per avere successo come Messìa deve recarsi a Gerusalemme, centro della cultura e della religione e compiere lì i segni che ha compiuto in Galilea (in Galilea Gesù ha compiuto i miracoli di Cana, del centurione e la moltiplicazione dei pani); e la festa delle Capanne è un'ottima occasione. Ma il commento dell'evangelista "neppure i suoi fratelli, infatti, credevano in Lui", indica che la gente si fa un'idea sbagliata di Gesù, vedendolo come Messìa taumaturgo. E Gesù sfugge, non vuole che si sappia che ha fatto miracoli. È il problema del segreto messianico: Gesù è sì il vero Messìa, ma non come lo pensa la gente. La risposta di Gesù è enigmatica:
Questo significherebbe che le azioni di Gesù sono regolate dalla volontà del Padre, non dal trascorrere materiale del tempo. Il consiglio di farsi conoscere pubblicamente deriva dal modo di ragionare umano: è l'occasione sempre possibile ad un uomo. Invece il modo di manifestarsi di Gesù ("la sua ora", cioè la croce) non è ancora venuto."
Non apertamente quindi, ma di nascosto. E questo è molto strano; assomiglia di nuovo al tema marciano del segreto. Gesù fa materialmente le stesse cose, ma le fa con spirito differente perchè il segreto della sua persona è nascosto. Va alla festa, ma va in maniera da non correre il pericolo di una manifestazione pubblica che possa servire ad ottenere il successo.
Gesù non è il Messìa che pubblicamente manifesta la sua forza, ma è l'enigma, il mistero.
Ecco il primo equivoco dei Giudei: "Da dove gli viene questa sapienza ?" poichè Gesù apparteneva a nessuna scuola non essendo stato discepolo d’alcun maestro.
Gesù dice di avere una dottrina da insegnare e che tale dottrina non è sua, ma del suo Maestro, di Colui che l'ha inviato.
Il senso qui è questo. Gesù dice agli ebrei: "La legge di Mosè prescrive che un bambino venga circonciso l'ottavo giorno e se l'ottavo giorno capita di sabato, voi praticate lo stesso la circoncisione. Ma in questo modo, per rispettare la legge sulla circoncisione, violate quella sul sabato. Perchè allora mi accusate di aver guarito un uomo di sabato ?" è questa la polemica.
Il secondo equivoco su Gesù è quello dell'origine:
Questa è la credenza popolare del Messìa che appare all'improvviso, ignoto, senza che se ne conosca la provenienza. Le persone credono di sapere da dove viene Gesù, perchè sanno che proviene da Nazareth, ma non sanno che invece Gesù viene da Dio. La risposta di Gesù è:
Terzo equivoco:
L'equivoco è che i Giudei pensano voglia andare all'estero:
Suppongono che Gesù voglia andare tra gli Ebrei della diaspora o addirittura a convertire i pagani, dove gli Ebrei non potevano andare per non rendersi impuri.
I versetti centrali del capitolo (37-38), che sono gli unici veramente importanti dal punto di vista teologico:
A proposito della prima frase "chi ha sete venga a me" sono possibili due punteggiature.
Si può leggere: "chi ha sete venga a me, beva chi crede in me perchè, come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno da suo seno", dove "suo" si riferisce a Gesù.
Oppure: "chi ha sete venga a me e beva; chi crede in me, come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno", dove "suo" si riferisce al credente.
Gli Orientali-Ortodossi preferiscono la seconda versione, perchè affermano che la persona stessa, che ha sete e si disseta da Gesù, diventa fonte di acqua viva. Cioè la comunione con Gesù, il dissetarsi da Gesù (che equivale ad avere fede in Lui), rende il credente stesso fonte di vita. Altri ritengono che questa interpretazione, che è esaltante per il potere che viene dato al credente, sia da rifiutarsi perchè romperebbe il parallelismo della frase. La C.E.I. accetta la prima versione, ma la cosa rimane molto discussa. Segue il commento dell'evangelista:
L'ultimo equivoco:
Qui ci si riferisce alla tradizione di Cana secondo la quale al tempo della vita di Gesù non si sapeva che Gesù era nato a Betlemme. L'equivoco è proprio il luogo della nascita. Le Scritture cui si allude sono Michea ed i Salmi:
Questo capitolo è quindi una raccolta di dispute ed incomprensioni. Tutti ritengono che una delle frasi più suggestive del capitolo è l'ultima:
Questa è una vecchia frase biblica che si usa normalmente per indicare che sono finite le riunioni o le battaglie, ma che qui potrebbe avere un significato molto bello, di tipo simbolico: ognuno torna presso se stesso, non ha risolto il problema di Cristo, rimane chiuso nella sua incomprensione. L'idea di questo capitolo è che Gesù è un segreto incomprensibile per coloro che non sono capaci di aprirsi ad una vera fede, che però soltanto lo Spirito può dare.