CAPITOLO 14: GESÙ PROMETTE LO SPIRITO SANTO
In questo capitolo Gesù dice ai discepoli che sta per lasciarli, ma che al Suo posto invierà lo Spirito di verità , lo Spirito Santo, per guidarli ed aiutarli. Tutto ciò che i discepoli debbono fare per ricevere questo "consolatore" è di continuare ad aver fede in Gesù e ad amarlo compiendo le sue opere.
Nell'antropologia ebraica il cuore era anche la sede della volontà e della forza decisionale, quindi il turbarsi indica lo scoraggiamento, lo sconforto. Per Giovanni la fede in Dio e la fede in Gesù è una sola: se si scuote la fede in Dio, cede anche quella in Gesù. Qui allora l'invito è di rimanere saldi in Dio per rimanere saldi in Gesù.
La constatazione di Tommaso è meno ingenua di quello che possa sembrare. Tommaso pone l'accento sulla meta: se non si conosce la meta, come si fa ad essere sicuri che quella presa sia la strada giusta ? Ma, a rigor di termini, se uno percorre una strada, può arrivare per caso anche ad una meta che non conosce ancora. Gesù non risponde sulla meta, ma indica qual è, senza alcun equivoco, l'unica via per arrivare alla meta.
In greco è scritto: ego eimì e odòs kaì e alezèia kaì e zoè (ego eimi e odos kai e aleqeia kai e zoe). La frase inizia con la formula "Io Sono", ego eimì; prosegue con la via che è detto con l'articolo, a sottolineare la via per eccellenza. Così per la verità, la rivelazione, e la vita, la vera vita, la vita divina.
Gesù ribadisce che chi vede Lui può conoscere il Padre, poichè Egli ha sempre agito con il Padre, fin dall'inizio. Filippo ha certamente creduto durante tutto il tempo antecedente di sequela a Gesù, ma la sua fede era inconscia delle profondità e vastità che abbracciava. Gesù qui lo invita a rendersi conto di tali profondità e vastità.
Riguardo alla frase "io sono nel Padre e il Padre è in me" va detto che nell'AT si usa la frase "Dio era nel profeta" per indicare l'agire di Dio nell'uomo da Lui inviato, ma non si dice mai che "il profeta era in Dio". Questa è una frase forte perchè afferma che Gesù è in Dio.
Le "opere" non sono necessariamente i miracoli; in greco è scritto ergòn (ergon) che significa "opera", "lavoro". Si tratta invece dell'opera messianica di cui i miracoli sono solo mezzi di compimento e segni. Gesù non si riferisce a capricci o ad interessi mondani superflui, ma a quanto serve o è utile per compiere la missione alle quali ha chiamato i suoi discepoli. Il "discepolo" è colui che è mandato da Gesù, come Gesù è stato mandato da Dio; egli vive in profonda comunione con Gesù, con il Logòs, ed il Logòs "opera" in lui, rendendo così possibili opere meravigliose. Aggiunge che, anzi, le opere dei discepoli saranno ancor "più grandi".
Gesù dice "un altro difensore" indicando automaticamente se stesso come "primo" difensore. La parola "difensore" è detta paraclètos (paraklhtos) che letteralmente vuol dire "avvocato", "consolatore", cioè chi è chiamato per assistere ed aiutare. In senso attivo indica uno che soccorre un altro. Questo concetto viene ripetuto anche al versetto 26:
"Spirito Santo" è detto con l'articolo, to pneuma (to pneuma), indicando quindi un vero e proprio nome, sulla linea di quello di Padre e di Figlio. Si dice poi che lo Spirito Santo "insegnerà ogni cosa": si sottolinea l'autorità dell'insegnamento impartito dallo Spirito Santo, non meno autorevole di quello impartito da Gesù e non meno limitato; si dice infatti "ogni cosa". E l'insegnamento dello Spirito Santo non sarà riproposto come nuovo o come suo proprio, ma sarà lo stesso già impartito da Gesù; Gesù e lo Spirito Santo insegnano le stesse cose ed i discepoli avranno la gioia di ricordarsene.
Tutta la forza ed il significato di questa frase è nel "che io vi do", che "io do a voi", ego didomì umìn (ego didwmi umin). Poichè Gesù è il Verbo, la sua Parola crea, genera ciò che essa significa. Quindi Gesù non augura la pace, la dà, la lascia come colui che lascia beni concreti. Tutto ciò che il termine ebraico shalom (greco eirenè, eirhnh) comprende, cioè salute fisica ed intellettuale, tranquillità, prosperità e gioia di vivere, Gesù lo dà realmente, ora, ai suoi discepoli. Siamo sempre nel contesto di quelle sostituzioni che Gesù opera rispetto all'ebraismo.