CAPITOLO 1: GIOVANNI BATTISTA E PRIMI DISCEPOLI
Questo capitolo contiene un'ulteriore testimonianza del Battista il quale ribadisce ad una delegazione di sacerdoti e Leviti venuti da Gerusalemme di non essere il Messìa. Questa delegazione rappresenta l'autorità religiosa competente a giudicare in materia di religione e liturgia. Poichè Giovanni Battista battezza masse di gente, i sacerdoti sono interessati a sapere chi lui sia e con quale autorità introduce questo rito di massa.
Molti ebrei al tempo di Gesù aspettavano il profeta degli ultimi tempi, il profeta promesso da Dio stesso agli Ebrei per bocca di Mosè nel Deuteronomio:
La testimonianza del battista continua:
Il termine "colomba" non indica l'aspetto fisico di una colomba, ma si riferisce al modo di discendere che non incute paura, che infonde fiducia ed è bello a vedersi: come il volo di una colomba. Isaia dice:
Continua:
In questa sezione c'è un particolare su cui si può fermare l'attenzione ed è un titolo che il Battista dà a Gesù: "Agnello di Dio" (1,29). Questo è il primo titolo che viene dato a Gesù. è da notare che gli altri Vangeli non testimoniano questo titolo. L'agnello è il simbolo dell'innocenza e, in mezzo alla gente venuta per farsi battezzare riconoscendosi nel peccato, Gesù indicato come l'innocente per eccellenza. Nell'AT si legge:
Dopo la testimonianza del Battista ci sono quei bei racconti della chiamata dei discepoli che costituisce l'inizio dell'attività del Signore.
I primi discepoli sono contemporaneamente discepoli del Battista e di Gesù, essi passano dal Battista a Gesù. Ogni discepolo poi ne porta con sè un altro.
Il termine Rabbì significa "mio grande", "maestro". Era il titolo ufficiale dato agli scribi, ai maestri a cui ci si poteva rivolgere per ottenere una risposta competente alle domande. Il "Dove abiti ?" vuol dire "Dove stai, di dove sei, chi sei" (in greco è usato eimì "stare"). Così "Venite e vedete" vuol dire "seguitemi e vedrete". Il "venite e vedete" indica la volontà di Gesù di non dare nessuna informazione ai due: questo giudizio è lasciato alla constatazione personale.
Il termine "Messìa" proviene dall'aramaico mesîha = "unto del Signore". Il termine "pietra" proviene dall'aramaico kêfâ = "pietra", che indica una pietra fissa, cioè una roccia. Nel Deuteronomio, Dio dice a Mosè:
Il primo capitolo si conclude con:
L'espressione "in verità in verità" in greco è resa con amèn amèn che è una traslitterazione dall'ebraico "amen"= "certamente", "veramente". Nell'uso del giudaismo in genere è posta alla fine e si riferisce a quanto precede. Nelle parole di Gesù è posto all'inizio e si riferisce a quanto segue conferendogli solennità. Equivale a "Io vi dico" in contrapposizione al "Dice il Signore" usato dai profeti. Il suo insegnamento è impartito con autorità ed autonomia. Questa formula sta ad indicare la rivelazione che il profeta degli ultimi tempi fa in vista dell'ultimo tempo. Non è una frase che serve semplicemente ad avvalorare l'importanza di un certo discorso, ma significa: "Quello che sto per dire lo dico come Annunciatore degli Ultimi tempi e il contenuto serve per affrontare gli Ultimi tempi".
Il "salire e scendere" indica che d'ora in poi vi sarà una relazione ininterrotta fra Gesù e Dio nel corso della sua attività pubblica; tutte le opere di Gesù si compiranno in questo quadro.
L'espressione greca "figlio dell'uomo" traduce due espressioni ebraico-aramaiche diverse fra loro per significato: la prima (bar adam) indica l'uomo in quanto creatura, debole; la seconda (bar nash) indica il principe ereditario e colui che è cittadino libero, non schiavo. Quest'ultima espressione con Daniele passò ad indicare il capo del popolo di Dio, diventando così uno specifico titolo messianico.