CAPITOLO 5: LA GUARIGIONE DEL PARALITICO

Questo capitolo contiene la guarigione del paralitico alla piscina di Betesda e il discorso che Gesù fa dopo tale guarigione.

GV 5,1-4 "Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Vi è a Gerusalemme presso la porta delle pecore una piscina chiamata in greco Betesda, che ha cinque portici. Sotto essi giaceva una moltitudine di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. [Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina ed agitava l'acqua. Il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto]"

L'ultimo versetto si trova tra parentesi in tutti i Vangeli poichè una serie di codici non lo riportano. Il fatto che manchi nel codice Vaticano, uno dei più autorevoli, lascia pensare che probabilmente il versetto non faceva parte del testo originario, ma che sia stato inserito da qualche commentatore che voleva spiegare come avveniva la guarigione di un malato.

GV 5,5 "Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato."

I numeri sono spesso intesi in senso simbolico.

Sant'Agostino ha dato una spiegazione del numero simbolico "trentotto" qui usato: significa "quaranta meno due" e quaranta era il numero della completezza. Quindi trentotto indica una malattia quasi ormai cronica, ma non una malattia inguaribile. Il paralitico ammalato da trentotto anni è simbolo del giudaismo che aveva sè tutta la legge ma gli mancavano due precetti per essere completo: l'amore di Dio e l'amore per il prossimo. è il giudaismo che ha bisogno dell'acqua del battesimo per raggiungere la pienezza della salvezza. Questa interpretazione simbolica, che Sant'Agostino ha ripreso da più antiche interpretazioni, gode di una certa autorevolezza e prestigio, anche se non è certa.

GV 5,6-7 "Gesù vedendolo disteso e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: "Vuoi guarire ?". Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita". Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".

Quest'ultima frase spiega l'inserimento del versetto sull'angelo.

GV 5,8-9 "Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina". E sull'istante quell'uomo guarì e preso il suo lettuccio cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato."

Questo è il miracolo del Vangelo di Giovanni che più assomiglia a quelli raccontati nei sinottici. Però per Giovanni il racconto del miracolo è un pretesto per dire qualcos'altro.

GV 5,10-12 "Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "è sabato, e non ti lecito prendere il tuo lettuccio". Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: "Prendi il tuo lettuccio e cammina". Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti "Prendi il tuo lettuccio e cammina"? "

Il paralitico riconosce, per superstizione e paura, l'autorità di colui che gli ha detto di portare a casa il lettuccio non volendo perdere la guarigione. Accetta per istinto che l'autorità di Gesù abbia valore superiore alla norma sul sabato. Allora si comprende la domanda dei Giudei: "Per avere un'autorità superiore a quella della legge sul sabato, chi è quest'uomo ? "

Tutta la tensione della narrazione è per arrivare a questa domanda che i Giudei rivolgono al paralitico guarito.

Quindi il problema è: chi è Gesù ?

GV 5,13-15 "Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse. Gesù infatti si era allontanato dalla folla che era in quel luogo. Poco dopo Gesù lo trovò nel Tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito. Non peccare più perchè non ti accada di peggio". L'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo"

A quei tempi era concezione dominante che la malattia fosse un castigo divino in seguito ad un peccato umano, commesso direttamente o indirettamente (da un familiare). In GV 9,3 Gesù però dirà che la malattia non deve essere attribuita meccanicamente al peccato, ma qui vuol dire che ciò non toglie che in qualche caso la misericordia di Dio si serva della malattia per richiamare alla conversione. Bisogna notare che di questo ammalato guarito non si dice che abbia creduto, non si dice che abbia riconosciuto Gesù; anzi sembra una persona stolta perchè corre subito dai Giudei a dire che è stato Gesù a guarirlo, dando così la possibilità ai Giudei di inquisire Gesù. Il racconto non è utilizzato come racconto di conversione (come accade invece per il cieco nato) ma come pretesto per la successiva discussione con i Giudei. Il dialogo comincia al versetto 16 :

GV 5,16-18 "Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perchè faceva tali cose di sabato. Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero". Ancor più per questo i Giudei cercavano di ucciderlo perchè non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio "Suo Padre" facendosi uguale a Dio"

In greco "operare" è detto ergazetài (ergazetai), al presente, che letteralmente significa "lavora", indicando ciò che avviene ordinariamente, nello svolgersi comune e normale della vita; ciò che si fa di solito senza un impegno particolare. Questa è una delle frasi più chiare del NT in cui c'è l'affermazione di Gesù della sua uguaglianza con Dio.

Il "sabato" (dall'ebraico shabbath ="riposo") per gli Ebrei era il giorno che Dio aveva riservato a sè dopo la creazione. In Geremia è scritto che il sabato è consacrato al Signore:

GER 17,21-22 "Se ci tenete alla vostra vita non trasportate nessun peso nel g iorno di sabato,..., non fate nessun lavoro".

Secondo questa tradizione però il riposo che era seguito alla creazione non significava l'inattività di Dio. Dio il settimo giorno aveva sì cessato l'opera creativa materiale, riservando il settimo giorno a sè ; ma i rabbini commentavano: "per dedicarsi alla vera opera degna di Dio, che non è quella di costruire il mondo, ma è quella di comunicare la verità, di eleggere il popolo, di inviare i profeti, di suscitare lo spirito". La vera opera di Dio, secondo gli Ebrei, era il suo intervento nella storia dell'uomo. Questa concezione fa comprendere come la frase di Gesù "Il Padre mio opera sempre, ed anch'io opero", aggravi la sua situazione poichè implicitamente dice che ciò che lui fa sono delle opere propriamente divine. Gesù assimila la sua attività a quella di Dio, ecco perchè agisce anche di sabato. Gesù agisce di sabato per mostrare la sua uguaglianza con Dio. E infatti questo i Giudei lo capiscono molto bene poichè si dice che "non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio". A questa obiezione dei Giudei, Gesù risponde con un testo che può essere interpretato come una parabola.

GV 5,19-20 "In verità in verità vi dico: il figlio da sè non può fare nulla se non ciò che vede fare al padre; le cose che egli fa, anche il figlio le fa allo stesso modo. Il padre infatti ama il figlio, gli manifesta tutto quello che fa, anzi gli manifesterà opere ancora più grandi di queste e voi ne resterete meravigliati"

L'abilità degli antichi artigiani dipendeva dal fatto che i segreti dell'arte venivano trasmessi di padre in figlio, e che il figlio apprendeva fin dall'infanzia guardando ed osservando il padre all'opera. La parabola sarebbe rivolta ai Giudei e vorrebbe dire che il figlio di un artigiano da solo, senza l'aiuto del padre non è capace di fare il mestiere; fa soltanto quello che vede fare dal padre. è il padre che insegna al figlio tutta la propria arte. è la stessa relazione che c'è fra un artigiano e suo figlio, c'è fra Dio e Gesù. Quindi questi versetti costituiscono un paragone per capire l'azione di Gesù. Nei versetti che seguono si esce dalla parabola e Gesù dice chiaramente in cosa consiste questa uguaglianza nel fare di Dio e nel fare suo.

GV 5,21-23 "Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole. Il Padre non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio, perchè tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio non onora il Padre che lo ha mandato."

Primo: Dio risuscita ed anche Gesù risuscita. Secondo: è il Figlio che giudica, è di fronte a Gesù che si decide tutto, non con il Padre in un futuro giudizio universale.

GV 5,24 "In verità in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita."

È bene rileggere questo versetto perchè si dice: "Non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita".

Se uno crede, è già passato.

GV 5,26-27 "Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare perchè è il Figlio dell'uomo."

Praticamente qui sono elencate le principali azioni propriamente divine: la risurrezione, il giudizio, il dono della vita eterna. è la massima affermazione dell'uguaglianza del Figlio col Padre.

Nei versetti letti, non soltanto tutto quello che fa il Padre è attribuito a Gesù, ma tutto quello che l'attesa giudaica pensava il Padre avesse fatto alla fine, viene attribuito a Gesù adesso. è il concetto dell'escatologia realizzata: in Giovanni quello che tradizionalmente era assegnato agli ultimi tempi, viene attribuito a Gesù come qualcosa che avviene già nel presente. La frase più importante è:

GV 5,25 "In verità in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata vivranno"

Qui i "morti" può essere inteso anche in senso simbolico, cioè "coloro che sono nel peccato".

In queste righe è affermato un capovolgimento della tradizionale visione che vede e sposta tutto nel futuro, quando Dio si presenterà e giudicherà (escatologia futura); il fulcro della decisione è ora, alla presenza di Gesù, tutto avviene adesso (escatologia realizzata). Secondo alcuni commentatori questa interpretazione avrebbe scandalizzato già all'interno dello stesso circolo giovanneo tanto da costringere un redattore, preoccupato di questa interpretazione, a riscrivere le stesse cose in prospettiva futura. Ecco perchè si legge:

GV 5,28-29 "Non vi meravigliate di questo, perchè verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita, e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna."

Qui viene usato il futuro. Allora l'escatologia è futura ?

In realtà l'ipotesi per questi versetti potrebbe essere che Gesù, qui, piuttosto che voler affermare un'escatologia futura, voglia semplicemente citare l'AT e ribadire come in Lui vi sia il compimento delle Scritture; infatti in Daniele si dice:

DN 12,2 "Molti di quelli che dormono nelle loro tombe si risveglieranno, gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna, per l'ignoranza eterna".

Sono esattamente le parole che Giovanni fa pronunciare a Gesù, quindi è legittimo pensare ad una citazione.