CAPITOLO 11: LA RISURREZIONE DI LAZZARO

Innanzitutto ci sono alcuni problemi esegetici da segnalare:

GV 11,2 "Maria era quella che aveva cosparso i piedi di Gesù con l'olio profumato e che li aveva asciugati con i suoi capelli."

Perchè Giovanni scrive "aveva" quando poi questo episodio verrà narrato solo in seguito nel capitolo 12 ? Vuole riferirsi ad una tradizione orale dell'episodio o fa riferimento al Vangelo di Luca che ha già riportato l'episodio ? Non si sa con certezza. Riguardo all'identità di Maria poi non si capisce se è la Maria Maddalena. La liturgia suppone che sia la Maria Maddalena, ma non ci sono prove nel testo.

Questo capitolo deve considerarsi non tanto come continuazione dei capitoli precedenti, ma come anticipazione degli eventi della Passione. Gesù ha terminato il suo ministero di rivelazione ai Giudei mediante la parola e i segni, adesso viene il momento di compiere la sua opera, quella che deve fare personalmente: passare al Padre attraverso la morte e mostrare nella carne e nella morte la Gloria che gli viene da Dio.

L'antitesi morte-vita diventa adesso il punto centrale della riflessione evangelica. Per questa ragione molti studiosi dicono che Giovanni racconta l'episodio della risurrezione di Lazzaro non per ricordarci della bontà di Gesù verso gli uomini, quindi verso Lazzaro, ma qualcosa che riguarda Gesù stesso; è il segno anticipatore del superamento della morte mediante la vita che viene da Dio, che fra poco verrà vissuto da Gesù. Lazzaro è la controfigura di Gesù che affronterà la sua Passione. È questo che si nota dalla rilettura giovannea dell'episodio. Nell'uso che ne fa Giovanni, il fatto serve come anticipatore del ministero pasquale di Gesù. è il tema della morte nella quale c'è la vita, e della vita di Dio che si manifesta soltanto nella morte. Qui si vuol dire proprio: "Il Lógos si fece mortale, e noi abbiamo visto nella morte la sua gloria." Gesù con questo segno sembra voler dire che solo quando si raggiunge lo stadio della morte può riapparire la vita. Vuol far capire ai discepoli che la novità in lui è che il dono della vita divina non si manifesta più come in tutte le tradizioni antiche all'interno della possibilità mondana di vivere mediante il potenziamento della vita che già c'è; ma che la vita divina si manifesta mediante il superamento della morte, la "vita che non c'è più".

Anche se il racconto di Lazzaro sembra un discorso descrittivo in realtà è una costruzione teologica. Si dice:

GV 11,2 "...Lazzaro era ammalato"

In greco "ammalato" è detto estenèi (hsqenei) che è un imperfetto. L'imperfetto descrive un'azione del passato non ancora finita, oppure ha un senso iterativo nel passato, di cosa solita. Quindi Lazzaro non si era ammalato di colpo, ma era nella malattia da qualche tempo.

GV 11,3 "Perciò le sorelle fecero avvisare Gesù: "Signore, ecco, colui che tu ami è ammalato".

Questa frase ha fatto pensare ad alcuni che Lazzaro fosse il discepolo "che Gesù amava".

GV 11,4 "Udito questo Gesù disse: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio e di suo Figlio".

Ci sono due scene: prima l'incontro di Gesù con Marta, colei che va subito incontro a Gesù; poi la scena dell'incontro con Maria, colei che viene chiamata. Questo diverso atteggiamento è simbolicamente importante alla luce di quanto verrà detto e fatto in loro presenza. A Marta l'annuncio della potenza risuscitante di Gesù viene dato a parole, a Maria invece viene dato fattivamente. Entrambe le sorelle quando vedono Gesù dicono la stessa frase:

GV 11,21 "Marta disse: "Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto."

e

GV 11,32 "Maria disse: "Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto."

Ma Marta aggiunge, per manifestare la sua fede:

GV 11,22 "Ma, anche ora, so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te la concederà "

E Gesù:

GV 11,23-27 "Gesù le rispose: "Tuo fratello risusciterà". Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno". Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se muore vivrà. Non morrà in eterno. Credi tu questo ?". Marta gli disse: "Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo."

Quanto detto verrà ripetuto coi fatti a Maria.

Il senso di questo dialogo è di mettere a confronto le due diverse concezioni sulla promessa divina della risurrezione dei morti. Marta presenta la fede di parte dell'ebraismo (non condivisa dai Sadducei, e condivisa dai Farisei) che crede nella risurrezione finale, quando Dio compirà la sua opera e rinnoverà il mondo; cioè quella che noi chiamiamo "Risurrezione Escatologica". Gesù dice: "Tuo fratello risorgerà" e Marta interpreta questo futuro come futuro escatologico. Infatti dice: "So che risusciterà nell'ultimo giorno". Il punto è questo. La fede farisaica è quella che vede la risurrezione dei morti come un fatto che riguarda l'opera di Dio nell'ultimo giorno. Gesù risponde spostando l'accento in due direzioni che poi convergono. La prima è cronologica: la risurrezione dei morti non è un fatto degli ultimi tempi, ma è un fatto di adesso. La seconda è di persona: la risurrezione dei morti non è un'opera compiuta solo da Dio alla fine dei tempi, ma è un evento che Gesù compie. Quindi Marta pensava: "Esiste una risurrezione dei morti alla fine, per opera di Dio". Gesù ribatte: "Esiste la risurrezione dei morti adesso, per opera di Cristo". Si ha il confronto fra la fede di parte dell'ebraismo e la fede cristiana; questo è contenuto nella frase:

GV 11,25 "Io sono la risurrezione e la vita..."

è una delle frasi forti pronunciate da Gesù, insieme a quella: "Io sono". È una di quelle frasi che l'ebraismo non avrebbe mai potuto pronunciare perchè attribuisce alla persona di Gesù quei poteri che l'ebraismo al massimo poteva attribuire a Dio nella grande opera escatologica. La risurrezione dei morti è quindi l'opera attuale di Gesù.

GV 11,25 "...chi crede in me, anche se muore vivrà."

Credere in Gesù Cristo significa essere già nella vita, e che la morte non esiste. Qui però si suppongono dei salti logici che non vengono chiariti. La morte come fatto biologico continua ad esistere, ma il credente in Cristo non considera più "morte" la morte biologica, poichè sa che la sua appartenenza a Cristo significa per lui essere nella vita. L'uomo dalla morte biologica trae normalmente la conseguenza che tutto finisce; ma chi è in Cristo non trae più questa conseguenza, per lui è come se questa morte biologica non esistesse più. In altre parole, la morte non serve più a capire o spiegare cos'è l'uomo. È questo il passaggio logico audace che viene fatto. Non si deve più tener conto della morte biologica per comprendere cos'è l'uomo, a cosa è destinato, cos'è la sua vita. Quando si è in Cristo, la morte non è più una componente per l'interpretazione dell'essere umano: questo significa "Chi crede in me, anche se muore vivrà". E questo "non morire" non avverrà dopo, perchè Gesù aggiunge: "Io sono la risurrezione e la vita. Chiunque vive e crede in me non morrà in eterno". Tutto questo viene dato in cambio del riconoscimento in Cristo di questa vita e risurrezione. Infatti:

GV 11,27 "Marta gli disse: "Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo."

La risposta di Marta non riguarda più il tema della risurrezione, ma quello della fede in Gesù. La prospettiva allora è Cristologica. Non bisogna più pensare alla risurrezione dei morti come ad un fatto che riguarda il futuro. Il superamento della morte è già dato nel presente perchè la persona di Cristo è già la risurrezione; l'unione con Cristo elimina la morte, per cui credere in Gesù è la certezza assoluta della vita. E questo è detto qui a Marta. Questo è il passo in cui l'escatologia è realizzata, è data nel presente. Molti studiosi dicono che è questa la caratteristica del circolo di Giovanni: esprimere il concetto che tutto quello che il vecchio Israele e certi cristiani dei primi decenni si aspettavano come dono futuro di Dio alla fine dei tempi, si deve considerare come verificabile nel presente. Nel capitolo 5, versetti 25-26, si dice: "In verità, in verità vi dico, è venuto il momento ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l'avranno ascoltata vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso così ha concesso a l Figlio di avere la vita in se stesso"

La vita di Dio quindi è anche nel Figlio. E si dice "è arrivato il momento ed è questo": è escatologia realizzata. Esistono però altri passi in cui l'escatologia è futura, per esempio ai versetti 28-29 si continua: "Tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita, quanti fecero il male per una risurrezione di condanna."

Qui si parla al futuro. Allora c'è una contraddizione perchè: prima si dice "viene il momento ed è questo" e poi invece si parla di qualcosa di futuro. Esistono due differenti spiegazioni a questa incongruenza. La prima è che i versetti che riguardano il futuro sono stati inseriti da un redattore ecclesiastico che ha voluto moderare l'unilaterale presentazione di escatologia presente, che era invece caratteristica di Giovanni. Quindi l'originalità del testo era di parlare al presente; qualcuno ha introdotto il futuro per ragioni ecumeniche. L'altra spiegazione è che nel circolo giovanneo le due prospettive convivessero. La vicenda d i Lazzaro è un testo chiaramente orientato all'escatologia presente. Tutto è già dato fin d'ora.

Quest'idea dell'escatologia presente presentata da Giovanni dà origine ad una interpretazione "demitizzante" della risurrezione, in quanto l'escatologia futura ha una visione "mitica" dell'agire di Dio. L'escatologia futura infatti dice che adesso sono gli anni in cui ancora domina la morte e che alla fine invece avverrà una risurrezione generale; una tale presentazione immagina che anche Dio è legato ai tempi. è come se anche l'agire di Dio deve aspettare che passino i secoli, che venga la fine del mondo, che i morti giacciano nella polvere, e che poi a suo tempo vengano risuscitati. Questa è una visione "mitica" di descrivere l'agire di Dio. Ma l'agire di Dio non è soggetto nè al tempo nè allo spazio. Allora l'immagine della "risurrezione futura" è solo la traduzione della concezione mitica e materiale che si ha dell'agire di Dio. Il tentativo di Giovanni è di uscire da questo condizionamento dell'immagine mitica per cercare di dire che la realtà profonda delle cose non dipende dalla durata del tempo, nè dall'estensione dello spazio. Quando Giovanni dice che bisogna pensare alla risurrezione, non come a qualcosa che verrà dopo ma che è adesso, egli fa un discorso "demitizzante". Quando dice che la risurrezione non consiste tanto nella trasformazione del cadavere, quanto nel credere nel Cristo Messìa (questa è "la vita già data fin d'ora"), ci fa capire che la sostanza del messaggio è che ciò che salva l'uomo è la sua fede in Gesù.

Certamente per noi è più chiara e più facile da accettare l'escatologia " al futuro". Quella al presente è più oscura e più difficile, infatti la domanda ricorrente che ci facciamo è: "In che senso sono nella vita se poi il mio essere muore e va nella tomba ? " Ma Gesù ci ha detto cosa accade se crediamo in lui, non come si realizzi praticamente la risurrezione, come essa si manifesti, per cui non possiamo immaginarlo. L'unica cosa che sappiamo è che quando una persona è in Dio, partecipa alla vita divina e non ha più bisogno del tempo o dello spazio. Alla nostra domanda Giovanni potrebbe rispondere: "Essere nella vita significa essere mediante Gesù uniti a Dio; essere uniti a Dio significa essere vivi, e sotto questo profilo la morte biologica non significa più niente. Quello che conta è l'essere uniti a Dio. Dio è il Dio della vita e se tu sei in lui sei nella vita. La morte allora non è più uno degli elementi che delimitano il tuo essere".

Il discorso di Giovanni è assolutamente misterioso, non è traducibile in immagini. Il suo è il tentativo di uscire dalle immagini cronologiche e dire solo: "Io sono, chi crede in me vivrà". La fede non è un qualcosa di temporale o di spaziale o di mitologico; è purissima fede senza il supporto di immagini. Da questo punto di vista le parole di Giovanni non sono più chiare di quelle dei sinottici, anzi sono più oscure poichè la nostra mente non ha nulla a cui pensare. Ma è un'affermazione che cerca di essere fatta nella maniera più pura possibile. Giovanni non intende tanto dire che di fatto ci sarà una risurrezione, ma intende dire una verità più profonda e indescrivibile: chi è unito a Gesù è come se non morisse, di fatto non muore. E questo è un qualcosa che non si deve capire, ma che bisogna accettare con fede. L'evangelista fa a meno del supporto immaginativo della risurrezione. Siamo nella pura, indimostrata e indimostrabile affermazione di fede. Nel dialogo con Maria, Gesù ripete con i fatti ciò che ha detto a Marta. A Marta ha detto: "Io sono la risurrezione e la vita", a Maria dice:

GV 11,43 "Lazzaro vieni fuori ! "

Gesù risuscita Lazzaro anzi dice che egli non è mai morto, ma "riposa". Quindi mette in risalto che Lazzaro era vivo perchè in Cristo, non che era "biologicamente vivo". Giovanni vuol far capire che anche nella morte biologica non cessa l'appartenenza a Cristo, che è vita. Non si dice che questa persistenza nella vita si manifesta in termini di movimento di muscoli, di battito del cuore o di cervello che continua a pensare. Giovanni non riflette su queste cose. Vuole affermare un concetto teologico. Ed è un concetto innovativo.

A questo proposito c'è da dire che nella catechesi è stato introdotto in concetto di "anima", che Giovanni non usa, ma che ci serve per esprimere questi concetti giovannei. L'evangelista però non lo introduce, non lo usa; si limita ad affermare questa persistenza nella vita. Il miracolo attesta che quando si è con Gesù non si muore. Anche il racconto della Passione di Gesù è esattamente la dimostrazione di questo: è il tentativo di Giovanni di dire che Gesù nella sua morte vive. Mentre la morte biologica si impossessa dell'uomo e lo rende cadavere, il Cristo continua a vivere, rimane nella vita. è il culmine in cui si manifesta che lui è la risurrezione e la vita. Lui è la vita, e quando la morte colpisce la vita biologica, la sua vita si trasforma in potenza risuscitante. L'episodio di Lazzaro vuol dire che anche prima della risurrezione finale dei morti colui che è in Cristo, è e rimane nella vita. Lazzaro è l'anticipazione di quello che accade nella Passione e nello stesso tempo di quello che accade a tutti i credenti. Per questa ragione è un episodio di fondamentale importanza teologica. è il segno anticipatore che Gesù nella sua morte è vivo, così come lo saranno i suoi discepoli nella loro morte, e tutto questo come realtà che è data fin d'ora a chi crede.