CAPITOLO 2: LE NOZZE DI CANA E IL TEMPIO DI GERUSALEMME

Questo capitolo comincia con il racconto delle nozze di Cana, vicenda rivelatrice in quanto, oltre ad essere il primo in ordine temporale dei segni operati da Gesù, introduce gli elementi fondamentali dello stile giovanneo. Le nozze hanno il valore simbolico del destino finale del popolo.

GV 2,1-2 "Tre giorni dopo si celebrò uno sposalizio in Cana di Galilea, e la madre di Gesù era là. Alle nozze fu pure invitato Gesù con i suoi discepoli"

"Tre giorni dopo" in greco è scritto "Il terzo giorno".

La presenza di Gesù e di sua madre alle nozze è inspiegabile poichè non vengono evidenziati vincoli di alcun genere con gli sposi. Il comportamento di Maria (è la prima e l'unica ad accorgersi della mancanza del vino, ordina o dice ai servi di mettersi a disposizione di Gesù ed avverte il Figlio dell'inconveniente) è tipico di chi è preposto alla sorveglianza e al buon andamento di una cerimonia. Probabilmente Giuseppe della casa di Davide era un tekton e Gesù aveva ereditato questa funzione.

GV 2,3 "Ora, venuto a mancare il vino ..."

Presso gli Ebrei tutti gli alimenti (grano, olio, vino) erano considerati doni di Dio ed avevano un significato teologico. Gli ebrei vedevano in ogni manifestazione della realtà quotidiana un segno della volontà divina. Essi erano abituati ad interpretare qualsiasi piccola variazione nell'ordine naturale delle cose o nel verificarsi di eventi improvvisi e straordinari, come l'espressione di una volontà divina. Questa consuetudine non era superstizione ma veniva vissuta come un rapporto costante e cordiale con Jahvè; consuetudine cara alle persone umili e semplici poichè diventava garanzia di sicurezza e serenità. L'ebreo pensava: Jahvè parla e si manifesta al mondo continuamente attraverso eventi terreni, che vanno interpretati come segni della sua volontà.

Il significato teologico associato al vino era quello della "Sapienza divina elargita". Sapiente per l'ebreo non è l’erudito ma colui che medita la Toràh (la Legge) e ne fa la sua occupazione giorno e notte (Sal 1,2). La Sapienza consiste nel possedere la comprensione della Toràh. Essa è rappresentata con il vino. Come il vino è buono ed è donato gratuitamente da Jahvè agli uomini attraverso il loro lavoro nei campi, così la Sapienza viene donata gratuitamente da Jahvè agli uomini che si accostano alla meditazione della Toràh.

Nel passo 2-5 di Prov 9 la Sapienza è rappresentata da donna che, preparando un banchetto, invita gli uomini desiderosi di imparare a bere il "vino che ha preparato". Quindi "chi ha del vino da mescere ed offrire" è nella simbologia ebraica detentore della Sapienza. A quell'epoca nelle sinagoghe il simbolismo del vino doveva essere evidente e sottinteso. Difatti nelle traduzioni aramaiche del testo biblico che venivano lette nelle sinagoghe, l'insegnamento della Toràh viene indicata come "vino squisito" che Dio ha tenuto in serbo fin dalla creazione. Il Messìa atteso viene presentato come un esperto insegnante della Toràh, Colui che "inviato" da Dio ha "vino squisito" da elargire gratuitamente a tutti. La metafora del vino indica di conseguenza che chiunque si presentasse come maestro della Toràh, avrebbe potuto altresì dire di "avere un vino da mescere" per i suoi ascoltatori.

GV 2,3 "... la Madre di Gesù gli dice: "Non hanno più vino".

Nel contesto suddetto si comprende come, presentandosi Gesù come maestro della Toràh e venendo nel contempo a mancare il vino alle nozze, si venga a creare una situazione paradossale. Maria comprende immediatamente che tale situazione potrebbe portare discredito sull'opera di Gesù e si affretta a comunicare l'inconveniente al Figlio. Nel simbolismo giovanneo si potrebbe dire che la madre di Gesù denuncia che per la continuazione di queste nozze manca il vino, e il vino potrebbe essere il simbolo della vita, della gioia, della sapienza. Maria avverte che le potenzialità salvifiche del giudaismo stanno esaurendosi.

GV 2,4-5 "Gesù le risponde: "Che c'è tra me e te, o donna ? L'ora mia non è ancora venuta". Ma la Madre sua dice ai servitori: "Fate tutto quello che egli vi dirà "

Gesù, attraverso il suo enigmatico rifiuto rivolto alla madre ("Donna che c'è tra me e te"), sembra voler dire che soltanto nell'ora della Croce potrà dare una risposta e comunque questa risposta non coincide con le aspettative proprie del giudaismo e di Maria stessa. Maria accetta senza replicare, e rivolge ai servi l'invito di ubbidire alla novità che Gesù potrà portare. Gesù fa un segno anticipatore: trasforma l'acqua in vino sovrabbondante, cioè prende i valori del giudaismo e li fa diventare una sovrabbondante salvezza.

Nel capitolo due vi è poi un altro segno: quello del Tempio di Gerusalemme.

GV 2,13 "Era vicina la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme"

"Salire" è un verbo tecnico usato per "recarsi a Gerusalemme". Da qualunque parte della Palestina si arrivasse, per entrare a Gerusalemme bisognava salire poichè la città è posta su due colline.

GV 2,14-22 "E nel tempio trovò venditori di buoi, di pecore e di colombe, e cambiamonete seduti. Allora fatta una frusta di corde, li scacciò tutti dal tempio, pecore e i buoi; rovesciò il denaro dei cambiamonete e capovolse i tavoli; ai venditori di colombe ordinò: "Portatele via di qua; e non fate diventare la casa di mio padre un luogo di commercio". Allora i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: "Lo zelo per la tua casa mi divora". Gli ribatterono i Giudei dicendogli "Che segno ci mostri per poter fare queste cose ?"Gesù rispose loro: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". Gli replicarono i Giudei: "Ci son voluti quarantasei anni per fabbricare questo Tempio e tu lo farai sorgere in tre giorni ?". Ma egli intendeva parlare del tempio del suo corpo. Perciò quando risorse dai morti, i suoi discepoli si ricordarono di quello che aveva detto, e credettero alla Scrittura e alle parole dette da Gesù"

La Scrittura a cui si allude nell'ultima parte sono i Salmi:

SAL 69,10 "è la passione per il tuo tempio che mi consuma, gli insulti di chi ti insulta mi ricadono addosso"

Con questo segno Gesù dichiara che è finito il sistema cultuale del tempio ed enigmaticamente sostituisce sè stesso al tempio. L'evangelista dice che i discepoli, dopo la Resurrezione, capirono che parlava del Tempio del suo Corpo. E questo serve per dire che questi due segni risulteranno chiari ai discepoli solo dopo la Resurrezione: quindi il giudaismo da solo non è in grado di comprendere. Il brano termina con:

GV 2,23 "Molti a Gerusalemme credettero, vedendo i segni che faceva. ma Gesù non si fidava di loro perchè egli conosceva tutti, e non aveva bisogno che qualcuno gli dicesse di un altro, sapendo bene da solo quello che vi fosse in ciascuno"

Questo scetticismo di Gesù nei confronti della fede che nasce a Gerusalemme vuol dire che quella fede che si basa soltanto sui contenuti tradizionali del giudaismo è una fede che non può durare. Soltanto i discepoli, quelli che persevereranno nel suo insegnamento e solo dopo la Resurrezione, comprenderanno.

Il significato di questi primi due segni potrebbe essere la "sostituzione" della novità cristiana al giudaismo, di Cristo al giudaismo. Infatti Gesù è portatore di "vino squisito" e sostituisce se stesso al tempio.