CAPITOLO 8: LA MISSIONE DI GESÙ

Questo capitolo nei versetti 1-11 riporta l'episodio dell'adultera. Tutti ritengono che, poichè non vi è alcuna traccia di stile giovanneo e poichè manca in moltissimi codici di Giovanni, questo episodio non abbia mai fatto parte del Vangelo di Giovanni e che sia stato introdotto in epoca molto tarda (III sec.) come testo di recupero. Infatti se si accetta l'ipotesi che prima dei Vangeli scritti vi erano tradizioni orali (i cosiddetti AGRAFA, cioè le cose non scritte) si può supporre che l’autore, per evitare che questo episodio andasse perduto, abbia ritenuto di inserirlo in questo punto. L'episodio di per sè è molto chiaro. Il capitolo otto è fra i testi più disordinati del Vangelo di Giovanni e tra i più complicati.

GV 8,12 "Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita."

In greco "la luce" è detto to fiòs (to fios), con l'articolo, per indicare la luce per eccellenza, non una luce qualunque come quella del sole o di un altro maestro. L'immagine della "luce" è di fondamentale importanza per capire Giovanni. è la luce che chiarifica la posizione delle altre cose. Non si può rendere la luce più chiara di quello che è. La luce chiarifica se stessa. La frase "Io sono la Luce" significa che è Gesù colui il quale illumina il resto, non è illuminato da niente. è colui il quale testimonia a suo favore, non sono gli altri che testimoniano per lui. La luce è come la fede. Quando c'è la luce non c'è nulla da dimostrare; la luce rende evidente tutto ciò che vedo. è al buio che occorre andare a tentoni, fare supposizioni ed ottenere dimostrazioni, per capire e sapere cosa abbiamo di fronte. Invece sia la fede che la luce, rendono le cose evidenti. In Isaia è scritto:

IS 9,1 "Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Ora essa ha illuminato il popolo che viveva nell'oscurità".

Si ritiene che questo versetto possa essere collocato nel contesto della festa delle Capanne, quindi nel capitolo sette. Nel capitolo sette Gesù si era paragonato all'acqua; qui nel capitolo otto si paragona alla luce. Sia la luce che l'acqua sono collegati con il rituale della festa delle Capanne. Durante questa festa, che durava una settimana, i Sacerdoti ogni giorno partivano dal Tempio e andavano in processione alla fontana della sorgente di Gerusalemme per attingere acqua, che poi versavano sull'altare del Tempio come offerta e come rito propiziatorio per le piogge autunnali. Inoltre, alla sera durante la festa, nell'atrio delle Donne (l'atrio del Tempio dove potevano entrare solo gli Ebrei, non i Gentili) venivano accesi dei grandi candelabri che illuminavano tutta la città di Gerusalemme. Era quindi anche la festa della luce. Tenendo conto del rituale della festa delle Capanne il riferimento all'acqua e alla luce in questo contesto ricade nell'ambito delle sostituzioni che Gesù fa con le realtà salvifiche dell'ebraismo; con la frase "chi ha sete venga a me" e con la frase "io sono la luce del mondo" Gesù dice di non dipendere più da questi rituali legati al Tempio perchè ora è lui la fonte di acqua viva e la luce che illumina il mondo. Ecco perchè gli ebrei lo accusano:

GV 8,13 "Gli dissero allora i Farisei: "Tu dai testimonianza da te stesso, la tua testimonianza non è vera."

I Farisei sostengono che perchè una testimonianza sia valida occorrono testimoni; non basta affermare di essere la vera luce, bisogna provarlo.

GV 8,14-16 "E Gesù rispose: "Anche se io rendo testimonianza di me stesso la mia testimonianza è vera, perchè so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo e da dove vado. Voi giudicate secondo la carne. Io non giudico nessuno. E se anche giudico il mio giudizio è vero perchè non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato."

Gesù risponde all'obiezione giudaica con l'autoproclamazione. E questo è un tema già incontrato. è la tipica caratteristica del Vangelo di Giovanni: non viene fornita alcuna prova visibile di quello che Gesù dice di essere poichè il Verbo è nella carne, nella debolezza. è qui che bisogna vedere la Gloria, e lo strumento indispensabile è la fede.

La fede, secondo la concezione di Giovanni, è un qualcosa che nasce e vive da sè, che non trova conferma in nessuna espressione materiale; la fede è pura adesione, non è motivabile umanamente, si auto giustifica. L'unico paragone che si può portare per comprendere la concezione giovannea della fede è quello dell'innamoramento a "colpo di fulmine". Questo innamoramento non si può spiegare razionalmente. Finchè questo evento non accade, finchè non si ama una persona non si può sapere cosa si prova e quindi come si giustifica. è solo all'interno di questo rapporto che si giustifica il rapporto stesso. Con questo non si vuol ridurre la fede all'innamoramento; ma si vuol dire solo che anche nella esperienza umana si può trovare qualcosa di paragonabile alla fede: nell'esperienza dell'amore, perchè per natura sua l'amore non si spiega e non può rendere ragione di se stesso se non quando c'è già. Prima che ci sia è molto difficile sapere come nasce e come viva. Il concetto è che la fede non è il frutto di un itinerario razionale, che può aver sì contribuito a condurre alle soglie della fede. La fede non dipende da nessuna argomentazione o dimostrazione, anche se queste argomentazioni e dimostrazioni possono aiutare per arrivare ad essa. Ma quando poi la fede c'è dipende solo da Dio che da solo si auto giustifica e da solo rende ragione di Sè. E soltanto Dio che ad ogni coscienza credente garantisce la validità del credere.

Per San Giovanni la fede non è umanamente motivata, è un'esperienza interiore, è un qualcosa che si prova, che si vive. E quando si vive un'esperienza interiore non si ha bisogno di dimostrare che essa c'è: il dolore si sente, la gioia si prova, la fede si ha. La fede per Giovanni non ha alcuna attestazione umana; ma non per questo è immotivata o inconsistente: è come la luce. Questa immagine rende superflua ogni altra spiegazione. Se si è al buio bisogna supporre, bisogna mettere in moto i meccanismi di deduzione, bisogna toccare. Quando arriva la luce tutto risulta evidente e non bisogna dimostrare nulla, è l'evidenza che ci viene data. Per San Giovanni la fede è un'evidenza che ci viene data. Però ci si può rifiutare di accettare questa evidenza, di vedere questa luce: è come chiudere gli occhi. Difatti i Giudei metaforicamente dicevano di non accorgersi di chiudere gli occhi; ma a queste obiezioni Giovanni risponde semplicemente sostenendo che la ragione è che essi hanno per padre il demonio. E con questa affermazione ci rivela la posizione antitetica del giudaismo rispetto al cristianesimo. I Giudei chiedono a Gesù prove e dimostrazioni di quanto afferma; e Gesù non intende darle perchè non si può accendere un'altra luce per dimostrare che questa è una luce. La luce basta a se stessa. Ecco il perchè di questa pretesa di Gesù di essere creduto senza dare dimostrazioni. Gesù risponde alla richiesta di portare testimoni dicendo:

GV 8,17-19 "Nella vostra legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera: io do testimonianza di me stesso, ed anche il Padre che mi ha mandato mi dà testimonianza". Gli dissero: "Dov'è tuo padre ?"

Gesù accetta la sfida di parlare come in giudizio e dice che anche tecnicamente la sua testimonianza è valida perchè è data da lui e dal Padre. Sono quindi due i testimoni, lui e il Padre, e quindi accettabili anche in un tribunale. I Giudei però pensano in chiave materiale ed umana, pensano ad un testimone reale.

GV 8,19 "Rispose Gesù: "Voi non conoscete nè me nè il Padre. Se conosceste me conoscereste anche il Padre mio."

Si ripete il discorso precedente: Gesù afferma che la questione non è di sapere o no chi è Suo Padre, poichè se avessero fede si renderebbero conto di chi Lui sia e di conseguenza saprebbero anche Chi è il Padre. Si continua a ribadire che la presentazione di Gesù al mondo è qualche cosa che, anche nella povertà dell'umanità di Cristo, si presenta con un’autorevolezza intrinseca che gli uomini sono chiamati ad accettare. Chi la accetta, una volta che lo ha fatto, si trova con delle giustificazioni; ma prima di accettarla non può chiedere alcuna giustificazione. Questa è fede allo stato purissimo. Gesù dice "Se conosceste me conoscereste anche il Padre" quindi non "se conosceste i miracoli, i ragionamenti, le prove", ma "se conosceste me", Gesù. E per arrivare a questo bisogna fare quel salto di atteggiamento che consiste nell'invito: "venite e vedrete". Questa è la teologia giovannea e quella qui riportata è una delle parti più interessanti del capitolo.

Qui c'è il tema del conoscere Gesù. Giovanni sembra voler esprimere che occorre "conoscere" Gesù Cristo, intendendo quell'attività intellettuale che ti avvicina all'essenza della persona che si vuol conoscere. La salvezza dell'uomo consiste in un’impostazione della mente che è in relazione con la mente di Gesù. Questo non vuol dire che bisogna eliminare il lato pratico, ma che non bisogna dimenticare quello intellettuale.

GV 8,20 "Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio, ma nessuno lo arrestò perchè non era ancora giunta la sua ora."

Il luogo del tesoro si trovava nell'atrio delle donne ed era il punto in cui erano poste le dodici casse per la raccolta delle offerte.

GV 8,21-24 "Di nuovo Gesù disse loro: "Io vado e voi mi cercherete ma morirete nel vostro peccato. Dove vado Io voi non potete venire. "Dicevano allora i Giudei: "Forse si ucciderà dal momento che dice "dove vado io voi non potete venire". E diceva loro: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù. Voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete per i vostri peccati. Se infatti non credete che Io sono morirete nei vostri peccati."

Con questo discorso Gesù si distanzia dai Giudei ed esprime il giudizio conclusivo di quanto detto prima: o si accetta questa fede, o si andrà in contro alla morte non solo biologica ma anche nella lontananza da Dio. Quelle dette qui sono frasi molto forti.

A questo proposito bisogna far notare la presenza della formula "Io sono", in greco ego eimì (ego eimi). Prima è stata usata come specificazione, "io sono di lassù", ora è usata in maniera assoluta: "Se non credete che io sono". Tutti i commentatori dicono che quando "Io sono" in Giovanni è usata senza alcuna specificazione ulteriore è una voluta allusione alla tradizione greca del nome ebraico di Dio: "JHWH". è l'analogo della frase nell'Esodo: "Io sono quel che sono". è come se Gesù qui implicitamente dicesse: "Se voi non credete che JHWH, io". C'è l'identificazione indiretta ma chiara con Dio e questo naturalmente è il culmine dello scandalo per i Giudei.

GV 8,25 "Allora gli dissero: "Tu chi sei ?"Gesù disse loro: "Proprio ciò che vi dico."

Gesù ribadisce; e come sempre ribadisce senza aiutare, senza spiegare, ma riproponendo la verità.

GV 8,26-27 "Avrei molte cose da dire nel giudicare sul vostro conto ma chi mi ha mandato è veritiero e io dico al mondo le cose che ho udito da lui". Non capirono che egli parlava loro del Padre."

Questa frase è oscura. Potrebbe voler dire che Gesù vuol sottolineare che la sua missione principale non è quella di giudicare ma di "parlare" al mondo e di "parlare" del Padre che lo ha inviato.

GV 8,28-30 "Disse Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'Uomo allora saprete che io sono, e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre così parlo. Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo perchè io faccio sempre le cose che gli sono gradite". A queste sue parole molti credettero in lui."

Qui, alla tematica precedente della identità di Gesù (che è uguale alla identità di Dio e che si manifesta a chi crede nella sua persona), si aggiunge che l'identità di Gesù diventerà manifesta quando i Giudei avranno "innalzato il Figlio dell'Uomo". Solo allora sapranno che: "Io sono", parafrasando: "che Egli è Dio". Questa è una specie di profezia che potrebbe essere intesa così: Gesù afferma che quando i Giudei lo avranno messo a morte, le conseguenze di questa morte (la risurrezione, il dono dello spirito) diventeranno l'attestazione visibile che lui veramente viene da Dio e torna a Dio. Quindi l'ultimo aiuto o l'ultima prova sarà l'evento pasquale.

Nella seconda parte il tema è ancora l'incomprensione dei Giudei. Per Giovanni essi costituiscono una categoria simbolica con cui egli intende dire "gli increduli". I Giudei non credono, non si fidano di Gesù. Perchè ?

La risposta a cui si arriva in questa seconda parte è: "Voi non credete perchè siete figli del diavolo, non di Dio o di Abramo. Abramo infatti ha esultato per aver visto il giorno di Gesù. Perchè prima che Abramo fosse, io sono."

Questo è il punto cardine. Tra l'altro questo è uno dei passi più seri in cui è presente la nozione di "diavolo" (non la persona). Qui il concetto di "diavolo" è elaborato teologicamente come una specie di antitesi a Dio. Ovviamente l'espressione "figli del diavolo" non ha niente a che fare con una generazione di persone, ma è come dire "figli delle tenebre" cioè "aderenti a ...". L'espressione "figlio di" sta per il suffisso "-ista": serve ad indicare l'appartenenza ad una determinata categoria di persone. Allora quando si dice "voi siete figli del diavolo" si vuol dire "voi siete solidali con la demonicità". Non si presuppone però necessariamente un influsso del tipo "tentazione", ma solo "voi siete credenti nel male".

GV 8,31 "Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: "Se rimanete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi."

La frase "la verità vi farà liberi" va intesa secondo il significato semitico dei termini. Molti filosofi idealisti, interpretando in modo crociano questa frase, dicono che il Vangelo sostiene che la ricerca intellettuale della verità ci rende interiormente liberi, anche in carcere l'uomo può sentirsi veramente libero. Ma in Giovanni la parola "verità" significa "vera rivelazione" che Dio compie in Gesù e "libero" significa "libero dal peccato". Gesù non chiede ai Giudei nessuna ricerca intellettuale libera. Anzi i Giudei si sforzavano di farla ("Dov'è tuo padre?). Ma Gesù dice: "Se rimanete fedeli alla mia parola sarete veramente miei discepoli". Quindi la libertà si raggiunge solo consegnandosi nella fede a Gesù. La verità che fa liberi non è la verità come frutto della libera ricerca intellettuale. Questa frase è più acuta di quanto si pensi, poichè sembra che Gesù chieda a coloro che hanno creduto, una tale concessione di se stessi a lui, che sembra corrispondere a una vera confessione.

Si dice che quando gli Ebrei credono in Cristo non bisogna utilizzare la parola "conversione" perchè credono già nel vero Dio, per cui non sarebbe esatto usare per loro la stessa parola che si userebbe per un pagano. Però qui gli Ebrei capiscono molto bene che Gesù voglia dire che possa dare loro qualcosa che loro, anche se discendenti di Abramo, non possiedono. Quando Gesù dice a queste persone che se andranno a lui diventeranno libere dal peccato, i Giudei capiscano che lui vuol aggiungere qualcosa all'ebraismo. Ed infatti reagiscono dicendo: "Ma non è già tutto in Abramo quello che dobbiamo avere ? Quando eravamo schiavi in Egitto eravamo interiormente liberi perchè come figli di Abramo siamo già liberi."

GV 8,34 "Gesù rispose: "In verità vi dico, chiunque commette il peccato è schiavo del peccato."

L'opposizione è fra "schiavo" e "libero", fra "peccato" e "verità".

GV 8,37-41 "So che siete discendenza di Abramo ma intanto cercate di uccidermi perchè la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre, anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro". Gli ribatterono: "Il nostro padre è Abramo ! "Replicò Gesù: "Se foste figli di Abramo fareste le opere di Abramo. Ora invece cercate di uccidere me che vi ho detto la verità udita da Dio. Questo Abramo non l'ha fatto. Voi continuate a fare le opere del padre vostro."

Qui Gesù dice che se essi fossero davvero seguaci di Abramo si accorgerebbero che ciò che lui dice è vero. I Giudei credono che Gesù, dicendo di credere in lui, li distolga da Abramo; invece porta a compimento quello che c'è in Abramo. è chiaro che qui Abramo è indicato come modello di fede, perchè quando Dio gli promise una discendenza (lui era vecchio e sua moglie sterile) non ebbe alcuna prova, ma credette lo stesso. Come pure nel sacrificio del figlio Isacco. Vi è quindi una somiglianza fra la situazione biblica di Abramo e quello che Gesù adesso chiede agli Ebrei: l'affidarsi totalmente a Dio. Sotto il riferimento ad Abramo bisogna leggere, a parere di Giovanni, che l'ebreo autentico (quale fu Abramo) è cristiano, è cioè capace di riconoscere Gesù Cristo perchè purissima e totale fede senza condizioni. Invece i Giudei sono dei falsi discendenti di Abramo, perchè non hanno la capacità di credere in Gesù, anzi arrivano addirittura al punto di progettarne la morte, perchè ragionano su argomentazioni umane, perchè vogliono prove, perchè non hanno fede purissima. Ecco perchè si dice: "Non è vero che siete dalla parte di Abramo. Perchè Abramo ha un altro modo di essere di fronte a Dio. Non si comporterebbe come voi". Poichè è stata messa in discussione l'appartenenza ad Abramo, gli Ebrei ribattono:

GV 8,41-44 "Ma noi non siamo figli di prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio". Rispose Gesù: "Se Dio fosse vostro Padre certo mi amereste, perchè da Dio sono uscito e vengo, non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato; perchè non comprendete il mio linguaggio ? Perchè non potete dar ascolto alle mie parole. Voi avete per padre il diavolo."

Gli Ebrei cercano un accordo ed allora cercano di appigliarsi ad un argomento apparentemente di più ampia aggregazione e dicono: "Se non ti va bene Abramo, considera però che abbiamo lo stesso Padre, Dio". Ma Gesù è intransigente e risponde: "Voi dite di seguire Dio: ma se veramente lo faceste, dal momento che io vengo da Lui, ci capiremmo e mi riconoscereste. Perchè non vi accorgete che assomiglio a Lui ?".

A questo punto sorge una domanda: Giovanni, su quali esperienze si è basato per scrivere quanto ha scritto? Da dove proviene questa "novità" giovannea, assente nei sinottici ? Rispondere a questa domanda non è semplice. Non si può dire semplicemente "da Gesù " poichè nei Vangeli sinottici non c'è nulla di questo spirito giovanneo, di questo senso dell'unità profonda che si crea con Gesù per cui c'è la mutua conoscenza. Nei sinottici i discepoli sono dodici persone che camminano con Gesù, che mangiano insieme a lui, che alle volte capiscono e altre volte no, che alle volte credono e alle volte no. è il racconto della normale esperienza degli uomini. Sono state individuate alcune correnti culturali e intellettuali dell'epoca che fanno da base a questa concezione innovativa; si tratta di influssi giudaici dell'alta Galilea aumentati da influenze elleniche (come il concetto di Lógos). Quindi si pensa che queste idee espresse da Giovanni non erano totalmente estranee alla cultura dell'epoca, ma c'erano segni innovativi che facevano da sostegno a quanto scritto.